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I CORSI D'ACQUA:
ADDA
L'analisi della funzionalità fluviale dell'Adda, attuata mediante l'applicazione dell'indice RCE-2, ha evidenziato ambienti con forti contrasti (che hanno basi storiche) tra la valenza paesaggistica e turistica di questa valle e gli interventi antropici (a volte necessari, a volte evitabili) che ne hanno in parte modificato le caratteristiche strutturali e naturali.
La descrizione che segue tenta di evidenziare i punti chiave di queste trasformazioni e di metterli a fuoco, soprattutto per evitare ulteriori errori negli interventi e per attuare corrette politiche di gestione del territorio.
Lo studio delle caratteristiche morfo-funzionali del fiume Adda è iniziato poco a monte di Verzedo, laddove il fiume esce dalla galleria che era stata realizzata dopo i tragici avvenimenti del 1987 (la frana del monte Coppetto che ha distrutto l'abitato di S.Antonio Marignone provocando la formazione di un lago) allo scopo di impedire l'accumularsi di masse idriche potenzialmente pericolose.
Nel tratto che giunge fino all'abitato di Grosio (dalla sezione A68 alla sezione A58 compresa) il corso d'acqua ha un carattere prevalentemente torrentizio.
In questo percorso il fiume si colloca tra una II ed una III Classe di Qualità RCE-2 e la sponda sinistra è apparsa la più compromessa, soprattutto a causa dell'ampiezza della zona riparia, spesso ridotta al di sotto dei 5 metri o addirittura assente; inoltre, la fascia di vegetazione perifluviale è frequentemente interrotta da interventi artificiali (Vedi le Figg. 2, 3, 4 e 5). La vegetazione presente è caratterizzata per lo più da pochi arbusti ed erbe che hanno un basso potere di rimozione dei nutrienti e una ridotta funzionalità in termini di corridoio fluviale.
Anche le osservazioni effettuate in merito alle caratteristiche idrauliche hanno rilevato una situazione compromessa: infatti, la notevole differenza spesso osservata tra alveo di morbida ed alveo bagnato segnala un regime idraulico sottoposto a notevoli sbalzi di portata; questo fatto si ripercuote anche sulla stabilità delle rive che, dove non sono presenti interventi artificiali di contenimento, presentano lunghi tratti in erosione.
Questo fenomeno è dovuto principalmente alla presenza di interventi artificiali che raddrizzano il percorso e che indirizzano la corrente violentemente sulla riva opposta causando forti processi erosivi al piede della sponda che possono produrre anche ingenti smottamenti di terreno. Inoltre, la canalizzazione del fiume rende brusco il passaggio dall'ambiente acquatico a quello terrestre, eliminando i microambienti di transizione e gli organismi da essi ospitati. Queste alterazioni vengono evidenziate soprattutto in alcune sezioni in corrispondenza e a valle di Sondalo, dove ai tratti con difese spondali seguono tratti con sponde erose (osserva le immagini).
La presenza della superstrada, che scorre in alveo per lunghi tratti e che sembra progettata con il solo criterio geometrico (sezione A58), offre un esempio di gestione del territorio particolarmente negativa (osserva le immagini). Quanto tempo passerà prima che occorra spendere altro denaro pubblico per rimediare al prevedibile fenomeno di erosione al piede dei piloni che sostengono la superstrada? Infatti, è noto che dopo un certo periodo di tempo l'azione dell'acqua del fiume tende ad erodere attorno ai piloni dei ponti e per questo si rendono successivamente necessarie altre opere che difendano dall'erosione e innalzino la soglia dei ponti. Un aspetto positivo del tratto di corso d'acqua in esame è rappresentato dalle caratteristiche strutturali dell'alveo: il substrato del fiume nel tratto in considerazione è per lo più rappresentato da massi e ciottoli che conferiscono una scabrosità al fondo che favorisce il rimescolamento delle acque, e quindi la riossigenazione e la ritenzione dei nutrienti, agevolando il processo di autodepurazione.
Scendendo fino a Grosotto (sezione A57) si incontra l'impianto dell'AEM che altera profondamente le caratteristiche strutturali del fiume per un tratto di circa 200 m. La presenza di questo impianto si ripercuote anche sulle caratteristiche funzionali della successiva sezione A56 che presenta un'esigua portata, la completa artificializzazione delle sponde ed una scarsa presenza di vegetazione di greto all'interno delle sponde artificiali.
Il tratto successivo di fiume, fino all'altezza dell'abitato di S. Giacomo, si presenta prevalentemente in III Classe di Qualità RCE-2: le difese spondali si alternano a interventi di sbarramento e di rettificazione degli alvei (vedi le sezioni A54 e A51) limitando la varietà di microabitat che ospitano piante ed animali. Inoltre, sono stati osservati diversi impianti di escavazione degli inerti e non bisogna dimenticare che le escavazioni, abbassando il letto dei fiumi e mutando pendenze ed andamenti delle aste fluviali, rendono le sponde più soggette a riassestamenti e modificano velocità e battute delle correnti "generando" successivamente la necessità di effettuare opere artificiali di contenimento delle sponde. Alcuni tratti con maggior funzionalità possono essere osservati tra Vervio e Lovero (sezioni A53 e A52) e sulla sponda sinistra delle sezioni A45, A44 e A43: qui possiamo apprezzare le sezioni più funzionali di tutto il corso d'acqua grazie alla presenza di un alveo ampio e naturale protetto da una discreta fascia di vegetazione riparia a carattere arbustivo-arboreo.
E' interessante notare che nella sezione A46, che si estende da Stazzona a Trasenda, si susseguono diversi isolotti fluviali caratterizzati da una vegetazione riparia di tipo arboreo e arbustivo: la presenza delle isole fluviali, fattore decisamente positivo nell'aumentare la biodiversità di questi ecosistemi, fa riflettere sulla reale necessità di certi interventi anti-erosione; infatti le isole fluviali con vegetazione arborea consolidata non vengono per nulla disturbate dal continuo fluire delle acque proprio grazie all'azione di consolidamento esercitata dalla vegetazione stessa e potrebbero quindi essere assunte a modello di consolidamento "naturale" nei casi in cui ve ne sia la necessità. Questo aspetto è riscontrabile a monte di Crotti (sezione A43), dove il corso d'acqua erode in sponda destra, nella quale sono stati realizzati interventi artificiali di contenimento (III Classe di Qualità RCE-2). La presenza di alcune isole fluviali consolidate proprio in questo tratto fa sorgere il dubbio che l'intervento artificiale si sarebbe potuto sostituire con un intervento di ampliamento e consolidamento della vegetazione riparia che, per definizione, esercita un'azione di protezione dall'erosione della corrente.
Proseguendo fino all'altezza di Carolo (dalla sezione A40 alla sezione A35 compresa), il fiume acquista una migliore funzionalità in entrambe le sponde (II Classe di Qualità RCE-2. In particolare, a ridosso dell'abitato di Chiuro (A36) (vedi le immagini) la sponda sinistra si presenta in I Classe di Qualità grazie ad una fascia perifluviale ampia, caratterizzata da bosco maturo che esercita una efficace azione di consolidamento delle rive. Nel complesso, questo tratto di Adda si presenta meno alterato rispetto ai precedenti e, in particolare, è caratterizzato da fasce perifluviali abbastanza ampie e ben strutturate che hanno un'estrema importanza come corridoio ecologico e per la conservazione della biodiversità; non dimentichiamo che il recupero della continuità ecologica deve essere realizzato anche mediante la formazione di collegamenti naturali e che i fiumi sono tra i più importanti corridoi per gli scambi delle biocenosi tra aree diverse di interesse naturalistico. In questo tratto non mancano alcuni vetusti interventi artificiali di contenimento spondale che, tuttavia, essendo ben colonizzati dalla vegetazione, conferiscono continuità al corridoio fluviale. Salvo rare eccezioni, le caratteristiche strutturali dell'alveo in queste sezioni sono complessivamente favorevoli ad una buona ritenzione degli apporti trofici (il fondo è per lo più costituito da massi e ciottoli, la successione di raschi e pozze è adeguata e l'alveo bagnato ha una sezione prevalentemente naturale).
Nel breve tratto che segue, fino all'altezza di Piateda, (sezioni A34, A33 e A32) la funzionalità fluviale peggiora nuovamente, passando ad una III Classe di Qualità. In queste sezioni il fiume scorre in un territorio caratterizzato prevalentemente da terreni agricoli e da aree urbanizzate. La fascia di vegetazione perifluviale è ridotta o assente del tutto, sostituita in buona parte da interventi artificiali di tenuta stabile. Le caratteristiche strutturali dell'alveo si mantengono tuttavia buone consentendo un discreto metabolismo delle sostanze inquinanti che si riflette anche nel miglioramento delle biocenosi acquatiche.
Proseguendo fin quasi all'altezza di Cedrasco (dalla sezione A31 alla sezione A23 compresa) si osserva una nuova ripresa nella funzionalità fluviale dell'Adda che riprende mediamente una II Classe di Qualità.. La presenza vicino al fiume dell'abitato di Sondrio si riflette sulla diversa qualità funzionale delle due sponde: la destra, che presenta punteggi di RCE-2 quasi sempre inferiori, risulta essere la più artificializzata, presumibilmente per elementi a difesa dell'abitato, mentre la sponda sinistra ha le caratteristiche di un corridoio fluviale piuttosto integro.
Subito a valle della città di Sondrio anche la sponda destra riacquista caratteristiche funzionali buone, con una fascia di vegetazione perifluviale più ampia e costituita prevalentemente da bosco ripario maturo che conferisce stabilità alle rive.
Un aspetto da sottolineare è la presenza di diverse isole fluviali, lungo questo tratto, che contribuiscono al mantenimento di un'adeguata diversità di microhabitat, a cui consegue una maggiore diversità nelle biocenosi; questi ambienti rappresentano, inoltre, un'importante struttura di ritenzione degli apporti trofici, favorendo così i processi di autodepurazione del fiume. Anche le biocenosi acquatiche riflettono un miglioramento ambientale complessivo in questo tratto fluviale, dovuto anche ad un aumento consistente della portata idrica (grazie alle restituzioni delle centrali e ad alcuni apporti laterali, tra cui il Mallero). Elemento di disturbo sono, per contro, i numerosi frantoi che si succedono in prossimità dell'alveo: oltre ai ben noti danni che provocano a questo ecosistema, direttamente correlati alla loro attività, creano con la loro stessa presenza vaste aree di "desertificazione" che interrompono ed alterano profondamente la zona riparia.
Passando a descrivere il percorso fluviale compreso tra Fusine e Ardenno (dalla sezione A22 alla sezione A15 compresa), poco a valle dell'ingresso del torrente Masino, la complessità strutturale dell'ecosistema fluviale diminuisce ed è prevalentemente caratterizzata da una III Classe di qualità RCE-2. Il territorio circostante è contraddistinto per lo più dalla presenza di terreno agricolo ed aree urbanizzate, unica eccezione è rappresentata da alcuni brevi tratti boscati. La fascia perifluviale, di ampiezza molto variabile, non è sempre presente ed è spesso interrotta. L'alveo del fiume assume un aspetto più uniforme e monotono per la presenza di substrati sabbiosi e limosi e per l'assenza di meandri e di raschi; le artificializzazioni dell'alveo presenti impoveriscono la varietà di microabitat e rendono l'ambiente meno efficiente nella rimozione delle sostanze inquinanti.
Una situazione di particolare degrado si riscontra in prossimità di Ardenno, in corrispondenza della sezione A16, dove la presenza dello sbarramento presso l'abitato determina un notevole rallentamento della corrente ed un allargamento dell'alveo bagnato a monte dello stesso sbarramento. Questo fatto induce una profonda trasformazione nell'ecosistema fluviale che diventa improvvisamente un ambiente di acque lentiche, il quale, per sua natura, è poco efficiente nel processo di autodepurazione delle acque. Questa situazione coincide con un territorio circostante caratterizzato da aree urbanizzate ed intensiva attività agricola che incidono negativamente sulla qualità delle acque stesse, in quanto fonti di inquinamento diffuso difficilmente depurabile. A ciò si aggiunge il fatto che in questa sezione la fascia perifluviale di vegetazione, che potrebbe giocare un ruolo determinante nella rimozione e nell'"intrappolamento" degli inquinanti, è praticamente assente essendo stata sostituita da interventi artificiali. La sezione A16 rappresenta, in sostanza, un pessimo esempio di gestione del territorio.
E' interessante fare un confronto con la successiva sezione A15, a valle dello sbarramento, in cui permangono le stesse caratteristiche della zona riparia e del territorio circostante, ma cambiano drasticamente le caratteristiche idrauliche e strutturali dell'alveo che ritorna ad essere quello di un ambiente di acque tipicamente correnti, con una portata decisamente inferiore. Questi sbalzi morfologici non giovano al mantenimento di adeguate biocenosi vegetali e alterano profondamente la continuità del corridoio fluviale. Inoltre non si deve dimenticare che l'acqua di un fiume a valle di uno sbarramento ha una capacità erosiva maggiore, e l'Adda non ha certo la necessità che il fenomeno dell'erosione venga favorito anche artificialmente.
La successiva sezione A14, una I Classe di Qualità RCE-2, rappresenta uno dei pochi tratti in cui l'ecosistema fluviale mostra un'ottima funzionalità, ma è troppo breve rispetto alla lunghezza dell'intero corso d'acqua per poter esercitare un effetto positivo sulle biocenosi acquatiche, che, infatti, non modificano sostanzialmente la struttura rispetto alle altre sezioni. In questo tratto la fascia di vegetazione perifluviale è ampia e costituita da vegetazione riparia ben diversificata e continua che delinea un valido corridoio ecologico per le biocenosi animali e un ambiente "tampone" rispetto agli ingressi di inquinanti nel fiume. Le rive sono stabili e la struttura dell'alveo offre efficienti meccanismi di ritenzione degli apporti trofici.
Da Talamona fino alla foce nel lago di Como, il fiume Adda presenta caratteristiche di funzionalità ecologica che lo collocano complessivamente in una III Classe di Qualità RCE-2. L'ambiente ripario mostra lunghi tratti con difese spondali ed arginature realizzate secondo criteri che non assomigliano per nulla a quelli naturali e che non lasciano la minima possibilità alla vegetazione spontanea di insediarsi per svolgere il suo compito così importante nella corretta dinamica fluviale.
In alcuni tratti (vedi la foto) sono presenti arginature in massi cementati il cui effetto "reale" è quello di diminuire la diversità di microhabitat e, conseguentemente, delle biocenosi (che sono il "cuore" depurante del fiume), separare il fiume dal territorio circostante, aumentarne la velocità di corrente ed il potere erosivo per poi generare la necessità più a valle di altre difese spondali. Oltre all'evidente impatto paesaggistico, non deve essere dimenticato l'impatto biologico di questi interventi: l'uniformità morfologica delle sponde si comporta come una "barriera biologica" che ostacola il passaggio delle comunità animali da monte verso valle e vice versa.
Qualora sia realmente indispensabile effettuare degli interventi di regimazione, sarebbe opportuno evitare modalità operative e progettuali che interessino direttamente l'alveo e le sue immediate adiacenze e, soprattutto, che ne alterino durevolmente la morfologia. Nella sezione A7, ad es., che va dal depuratore di Morbegno fino a Piussogno, gli argini del fiume sono molto distanti e consentono al corso d'acqua di spostarsi da un argine all'altro: si creano così ampie fasce di vegetazione riparia che aumentano la biodiversità dell'ecosistema e ne irrobustiscono la struttura.
Da Mantello in poi la presenza degli argini restringe l'alveo del fiume; tuttavia queste difese spondali sono risultate ben colonizzate dalla vegetazione al punto che in certi tratti è difficile individuare la presenza della difesa artificiale (vedi la foto). Nel suo tragitto finale, l'Adda scorre in un territorio caratterizzato prevalentemente da terreni agricoli ed aree urbanizzate. L'ambiente fluviale è di tipo potamale con un fondo dell'alveo costituito prevalentemente da sedimenti sabbiosi. Il percorso artificializzato presenta pochi meandri e solo qualche piccola briglia in massi concede un minimo di turbolenza alle acque del fiume. In questo tratto l'ecosistema si rivela piuttosto fragile a causa della uniformità delle strutture in alveo. E come spesso succede, quando l'ecosistema fluviale si fa più fragile, il territorio circostante si fa via via più antropizzato e genera carichi inquinanti, sia diffusi che puntiformi, maggiori. La fascia di vegetazione perifluviale che ha in parte colonizzato gli argini crea, tuttavia, una sorta di filtro tra il fiume e il territorio circostante consentendo nel contempo un passaggio più graduale tra l'ambiente acquatico e quello terrestre che favorisce l'incremento della biodiversità. Da qui la grande importanza di salvaguardare o ricreare queste fasce che giocano un ruolo determinante nel corretto funzionamento della dinamica fluviale